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24 Novembre 2018

Siamo nei capitoli della passione secondo san Giovanni. Più volte, in queste pagine, i protagonisti sono chiamati a scegliere: rimanere al fianco di Gesù, aderire alla sua logica (la logica “non logica” di non resistere al male) oppure a quella del mondo. Nel momento della prova i discepoli scelgono, almeno momentaneamente, di mettersi in salvo. E nell’orto degli Ulivi abbandonano il Maestro.

Pietro sceglie di non rimanere inerte di fronte alle sofferenze dell’amico Gesù, e colpisce il servo del sommo sacerdote con la spada. Poco dopo, sempre Pietro sceglie di proteggere la sua incolumità, e nega di aver mai avuto a che fare con Gesù. Il popolo sceglie, anzi, chiede esplicitamente, che al posto di Gesù venga messo in libertà Barabba, un brigante. Il popolo sceglie ancora, quando esorta Pilato a non indugiare, e a condannare a morte il Nazareno, affermando di non avere altro re all’infuori di Cesare. Naturalmente, colui che deve compiere la scelta determinante è proprio Pilato. E sceglie di tenere ben stretto il suo ruolo di prestigio di fronte ai Romani, facendosi nemici i Giudei. Colpevole Pilato, certo; inetto, vigliacco. Ma forse il suo comportamento è in parte giustificabile.

“Tu sei il re dei Giudei?”, chiede a Gesù. “Dici questo da te oppure altri te l’hanno suggerito sul mio conto?”, è la risposta. Pilato non sa nulla di Gesù, forse non ne ha mai sentito parlare. Per questo chiede chiarimenti riguardo le accuse che gli vengono mosse. Per gli altri personaggi le condizioni sono molto diverse: essi hanno ascoltato la predicazione del Maestro, assistito ai segni che Egli ha compiuto. Eppure, come Pilato, scelgono di non avere scocciature da quest’uomo. Forse perché non hanno voluto conoscerlo; secondo l’accezione biblica, non sono entrati in confidenza con Lui. Non hanno compreso che quella predicazione, quei segni, avrebbero potuto avere una ricaduta concreta nelle loro esistenze. E in Gesù hanno visto soltanto un grande pericolo: venire scomodati dalle proprie abitudini, anche quelle religiose. Oggi siamo noi a dover proclamare che Cristo è il re: del nostro quotidiano e delle nostre relazioni, oltre che della storia universale e del creato. La domanda di Gesù a Pilato vale dunque per ciascuno di noi: ne abbiamo fatto esperienza, o altri ce l’hanno detto sul suo conto?

 

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