I brani del Vangelo che la liturgia ci propone in queste domeniche raccontano fatti ed insegnamenti compiuti da Gesù l’indomani del suo ingresso a Gerusalemme. Siamo perciò nell’imminenza della sua passione: i capi del popolo e gli anziani cercano pretesti per accusare Gesù ed eliminarlo. ma il Signore ha riposto loro smascherando l’ipocrisia delle loro intenzioni raccontando la parabola dei due figli, la parabola dei vignaioli omicidi e quella del banchetto nuziale.
Tuttavia il confronto non finisce e, dopo questo, «i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi» (Mt 22,15). E così mandano alcuni dei loro discepoli a interrogare Gesù con una spinosa questione: «È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?» (Mt 22,17). A quel tempo Gerusalemme è sotto la dominazione romana. Se Gesù risponde negativamente rischia di generare una ribellione del popolo contro i romani e la conseguente violenta repressione da parte dell’esercito. Se, invece, risponde positivamente sarebbe stato considerato un traditore del suo popolo.
La risposta di Gesù giunge inattesa e si sottrae alla logica delle fazioni; facendosi mostrare la moneta del tributo il Signore dichiara: «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21). In questo modo Gesù fa una affermazione di fondamentale importanza, attualissima anche per noi oggi: c’è uno spazio che deve essere lasciato alla società, alle sue strutture e alle autorità che la governano. Ma questo spazio può esserci ed è per il bene dell’uomo solo laddove è riconosciuto e affermato il primato di Dio e il primato dell’uomo di fronte alla società e al potere. Così comprendiamo che è il riconoscimento del primato di Dio che fonda sia lo spazio dello Stato che la libertà dell’uomo di fronte ad esso.