Ancora una volta la liturgia del Tempo pasquale ci riconduce al giorno della Risurrezione, nel cenacolo dove il Signore Risorto si manifesta ai suoi discepoli. Ancora una volta ci viene rivolto il suo saluto: «Pace a voi!» (Lc 24,36). La pace è il dono che proviene dal Risorto e questo ci aiuta a comprendere un aspetto importante: per noi non può esservi pace se non a partire dalla remissione dei peccati e dalla riconciliazione con Dio. La pace, cioè il giusto ordine delle relazioni tra gli uomini dipende sempre dal giusto ordine della relazione fondamentale dell’uomo, ossia quella con Dio. Se qui qualcosa non funziona anche le relazioni umane saranno sempre compromesse. Il Vangelo poi insiste molto sul realismo della risurrezione: «“Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho”. Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi» (Lc 24,39-40). E poi ancora insiste: «Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro» (Lc 24,42-43). La risurrezione di Cristo coinvolgendo la totalità della sua umanità: l’anima e il corpo. La salvezza è la salvezza di tutto l’uomo: non solo l’anima anche il corpo. Infatti, la Sacra Scrittura è molto chiara nel dirci che il corpo è creato da Dio e l’uomo non è tale se non nell’unione dell’anima e del corpo. Il Figlio di Dio, incarnandosi, è divenuto uomo in questo modo perciò la sua vittoria sulla morte non poteva non coinvolgere l’uomo nella sua unità. Sì, Gesù è risorto in anima e corpo: con la risurrezione Dio Padre dona al Figlio un’esistenza diversa dalla nostra esistenza terrena nella quale il corpo e l’anima appartengono entrambi alla vita di Dio. Quindi il corpo non è un ostacolo, un peso di cui liberarsi. Esso è lo strumento attraverso il quale noi viviamo la pienezza della nostra esistenza. In questo modo possiamo comprendere la verità di fede che proclamiamo ogni domenica: la risurrezione della carne. Alla risurrezione dei morti il copro ci verrà ridonato trasfigurato non più segnato dal limite dell’esistenza terrena perché la pienezza della vita eterna sia vissuta nella totalità di quello che siamo.