Un lebbroso si reca incontro a Gesù e, supplicandolo in ginocchio, chiede di essere purificato: «“Se vuoi, puoi purificarmi!”. Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, sii purificato!”. E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato» (Mc 1,40-42). In queste brevi battute iniziali del Vangelo di questa domenica ricorre per ben tre volte la parola “purificazione”. Nell’ottica della legge d’Israele la condizione del lebbroso è la più penosa: è un uomo colpito da Dio e separato dagli altri uomini. La lebbra è, così, una malattia che invece di generare compassione crea allontanamento e repulsione. Per questo il lebbroso di cui ci narra il vangelo implora di essere purificato cioè chiede di essere riammesso tra gli uomini.
Gesù ascolta questa supplica e l’evangelista ci mostra per prima cosa la sua reazione di compassione: quando l’uomo, pur nella sua impurità – cioè nel suo essere peccatore, separato da Dio –, si avvicina a Dio egli non vede innanzitutto l’impurità ma la sua creatura che ha bisogno di aiuto. Poi l’evangelista annota la cosa più impressionante: Gesù tocca il lebbroso. Mentre il lebbroso viene allontanato per non entrare in contatto con lui e così ammalarsi, il Signore Gesù va incontro al lebbroso e lo tocca donandogli la guarigione. Comprendiamo in tal modo che è il contatto con la santità di Dio a ristabilire il nostro rapporto con lui e se, inizialmente, siamo noi a muoverci verso di lui poi, dobbiamo sapere, che solo Dio può dare compimento al nostro volgerci a lui poiché è lui che tocca e risana la nostra esistenza.
La Chiesa prolunga oggi il camminare di Gesù tra gli uomini per purificarli e risanarli, attraverso la Chiesa e, dunque, attraverso la nostra libera adesione alle esigenze della fede, Dio continua a venire incontro all’uomo per ristabilirlo nella sua autentica dignità.