Non è uno slogan ad effetto né l’esclamazione di chi, dopo una settimana di duro lavoro, può finalmente riposarsi. È, al contrario, la testimonianza di fedeltà alla domenica dei 49 martiri di Abitène – una località nell’attuale Tunisia – che nell’anno 304 hanno preferito, contravvenendo ai divieti dell’imperatore Diocleziano, andare incontro alla morte, piuttosto che rinunciare a celebrare il giorno del Signore. Erano consapevoli che la loro identità e la loro stessa vita cristiana si basava sul ritrovarsi in assemblea, per celebrare l’Eucaristia nel giorno memoriale della Risurrezione.
È quanto ci testimonia il redattore degli Atti del martirio, commentando la domanda posta dal proconsole Anulino al martire Felice: “O stolta e ridicola richiesta del giudice! Gli ha detto “Non dire se sei cristiano” e poi ha aggiunto: “Dimmi invece se hai partecipato all’assemblea”. Come se vi possa essere un cristiano senza il giorno domenicale, o si potesse celebrare il giorno domenicale senza il cristiano! Non lo sai, Satana, che è il giorno domenicale a fare il cristiano e che è il cristiano a fare il giorno domenicale, sicché l’uno non può sussistere senza l’altro e viceversa? Quando senti dire “cristiano”, sappi che vi è un’assemblea che celebra il Signore e quando senti dire “assemblea”, sappi che lì c’è il cristiano”.
Questa “piccola parrocchia” di Abitène si è conservata fedele al suo Signore, pur in mezzo alle persecuzioni, grazie alla celebrazione eucaristica domenicale. Si comprende, allora, perché Emerito, al proconsole che gli rimproverava di aver ospitato nella sua casa i cristiani per l’Eucaristia domenicale, non esitò a rispondere: “Senza la domenica non possiamo vivere”. La testimonianza dei martiri di Abitène ci sollecita “a riscoprire con nuovo vigore il senso della domenica: il suo “mistero”, il valore della sua celebrazione, il suo significato per l’esistenza umana e cristiana.